La Repubblica Islamica sciita non vuole innescare la scintilla di un conflitto più grande di lei. Guardare e alimentare da lontano il fuoco di Gaza per ora ha già dato i suoi frutti.
Al di là delle provocazioni retoriche e delle dichiarazioni di sostegno alla “gloriosa” incursione di Hamas in Israele del 7 ottobre scorso, la Repubblica Islamica dell’Iran ha preso le distanze da qualsiasi responsabilità diretta o paternità dell’iniziativa terroristica che ha dato il via al nuovo conflitto in Medio Oriente. Nel suo primo discorso dopo l’attacco, la Guida Suprema Ayatollah Ali Khamenei ha dichiarato: “Noi sosteniamo la Palestina e le sue lotte, ma coloro che ritengono che l’opera dei palestinesi sia il risultato di non palestinesi stanno facendo un calcolo sbagliato. Questo attacco è opera dei palestinesi stessi, e noi salutiamo e onoriamo i suoi pianificatori”. Pochi giorni fa gli ha fatto eco Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, la principale longa manus armata degli interessi iraniani nella regione, nel suo primo e attesissimo discorso dall’inizio della guerra. Secondo il leader del Partito di Dio libanese, il massacro di Hamas dentro i confini israeliani a ridosso della Striscia di Gaza è stata un’azione “al 100% palestinese, interamente decisa ed eseguita dai palestinesi, per la causa e il popolo palestinese” e di cui, a quanto dice, gli alleati regionali non erano affatto al corrente.
